Cap. 1 - Diventare un professionista del PM
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1. Come diventare un professionista del Project Management
1.1 PREMESSA
Il Project Management è una disciplina che sta acquisendo popolarità e la sua importanza viene riconosciuta in modo sempre più ampio in ogni settore del business. Il ruolo di Project Manager è molto richiesto da aziende e organizzazioni e una quota sempre maggiore di attività economicamente rilevanti viene organizzata per progetti, al punto che il PMI (Project Management Institute) ha coniato il termine project economy, proprio per evidenziare l’importanza che i progetti e la loro gestione rivestono a qualsiasi livello. Per trovare uno spunto di attualità, basti pensare al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), che autorizzerà da qui al 2026 migliaia di progetti in settori strategici come economia, sanità, istruzione, innovazione e digitalizzazione, transizione ecologica ed energetica.
La ragione di tutto ciò sta nella pervasività del concetto di progetto, che gli standard internazionali definiscono come una “iniziativa temporanea per raggiungere obiettivi specifici”. Si tratta di una definizione solo apparentemente generale, ma in realtà piuttosto precisa e puntuale. Il termine iniziativa indica uno sforzo coordinato, quasi sempre di più soggetti (a meno di progetti di natura personale o particolarmente semplici) volto, appunto, a rompere la routine delle operazioni ricorrenti. Se ciò che hai - e come sta funzionando - ti soddisfa pienamente, non hai alcuna motivazione ad avviare iniziative. Lo farai se pensi di poter conseguire un beneficio apportando un qualche cambiamento, di cui il progetto diventa strumento operativo di realizzazione.
Questa iniziativa però non è qualsiasi, per poter essere definita progetto deve essere temporanea, cioè “limitata nel tempo”, avere insomma un inizio e una fine. Questo per distinguerla da tutte quelle attività ricorrenti (le cosiddette operations) che invece si ripetono sempre nello stesso modo e con lo stesso prevedibile risultato. Ad esempio, aprire ogni sera la tua pizzeria, se sei un ristoratore, è operations. Si tratta di un processo che ogni giorno si ripete uguale, seguendo gli stessi passi e portando agli stessi risultati. Si predispone l’impasto e gli ingredienti per le pizze, si riordina la sala, si controllano le prenotazioni, ecc.
Invece, ampliare la pizzeria per passare da 40 a 80 coperti, magari sostituendo l’attuale forno con uno più grande, è un progetto, cioè un’iniziativa che per sua natura è temporanea. L’ampliamento della pizzeria potrà richiederti pochi giorni o alcune settimane, a seconda della tipologia e dell’entità dei lavori da svolgere, ma è chiaro sin dall’inizio che avrà un termine che puoi (e anzi dovresti) aver chiaro dall’inizio, almeno in termini generali.
Tuttavia, l’iniziativa non basta che sia temporanea. Essa deve essere pensata, avviata, eseguita e completata per raggiungere obiettivi specifici, per conseguire dei benefici misurabili. Nel caso della pizzeria, gli obiettivi di un ampliamento del locale possono essere la capacità di servire più persone – avendo valutato che vi sia mercato e maggior pubblico potenziale in quella zona – e di far crescere il tuo volume di affari, poniamo, almeno del 40% nei successivi 12 mesi (abituati sempre a quantificare con opportune metriche i benefici che vuoi conseguire, per non rimanere nel vago).
Ecco così come una definizione apparentemente semplice e generica indichi invece una serie di concetti ben precisi.
Perché abbiamo ripreso la definizione di progetto? Intanto perché non fa mai male ripetere i fondamentali, poi perché puoi renderti conto di come, applicandola, siamo praticamente circondati dai progetti, in ogni contesto e situazione. Sul lavoro, nella vita personale, nelle attività della nostra azienda, della nostra famiglia e dei nostri gruppi sociali di riferimento. Puoi fare un piccolo esperimento, provare a fare mente locale su cosa hai fatto stamattina a partire dal tuo risveglio e se le attività che hai svolto (quali che siano, non vogliamo farci i fatti tuoi) possano essere inquadrate all’interno di “iniziative temporanee per raggiungere obiettivi specifici”. Tipo studiare per un esame, oppure lavorare ad un obiettivo di risultato aziendale, o semplicemente fare la mezz’ora di ginnastica mattutina con l’obiettivo di perdere 5 kg in 6 mesi.
Ti renderai conto che i progetti sono dappertutto, che ti piaccia o no, anche dove non credevi che fossero, quindi c’è bisogno di Project Management. Ora, se l’iniziativa temporanea che intraprendi è, ad esempio, organizzare il compleanno di un familiare, pur potendo rivolgerti senz’altro ad un planner o a un’agenzia di eventi, penseresti di potertela cavare da te, senza per questo considerarti un Project Manager nel senso pieno del termine. Organizzeresti la festa secondo criteri di buon senso, senza stare a chiederti se ci siano pratiche manageriali o di gestione in grado di aiutarti nel compito e ottimizzare il risultato. Tuttavia, se invece del compleanno di un familiare dovessi organizzare quello di un personaggio famoso, avresti molte meno certezze di riuscire nell’impresa. Ti immagineresti un contesto complesso e articolato dove sarebbe necessario avvalersi di professionisti del settore.
In realtà la differenza tra i due scenari è solo di dimensione e complessità, non concettuale. Nel primo caso agisci da Project Manager senza sapere di esserlo (di fatto stai gestendo un progetto secondo la definizione degli standard). Nel secondo caso chiami delle persone che il Project Manager lo fanno di mestiere e sono consapevoli di esserlo.
Ecco, ci piace pensare che la differenza tra una gestione di progetto amatoriale e una gestione professionale sia proprio nella consapevolezza del contesto e del ruolo. In pratica il mondo si divide in due:
1. I Project Manager consapevoli di esserlo.
2. Quelli che ancora non se ne sono accorti.
Come membro della community di Progettualitalia che sta leggendo questo documento, o fai già parte del primo gruppo o sei sulla buona strada per unirti ad esso. Quello che nel prosieguo del documento cercheremo di fare è capire cosa significhi praticare la gestione di progetto, o la partecipazione ad un team di progetto ad un livello professionale e di come tu possa farlo nel nostro contesto italiano di riferimento. Contesto inteso sia dal punto di vista del business che normativo. Così magari, chissà, un giorno potresti decidere di aprire la tua agenzia di eventi e proporti sul mercato “bday planner” di VIP 😉
1.2 COS'È E COME LAVORA UN "PROFESSIONISTA"
La domanda su come si diventa professionisti del Project Management ci viene rivolta spesso, da diverse categorie di persone. Ci sono gli studenti, appena laureati o freschi di master, professionisti di altri settori, di solito con esperienza in aspetti verticali specifici del settore in cui operano, e ancora persone insoddisfatte del proprio ruolo e della propria attività, o semplicemente curiose e inclini al cambiamento, che vorrebbero imprimere una svolta al proprio percorso professionale e che per qualche motivo si sentono attratte o motivate dalle discipline di gestione.
Come abbiamo anticipato in premessa, c’è una grande differenza tra applicare principi e pratiche di Project Management quando capita, anche nella vita di tutti i giorni, ed essere invece un manager professionista in scenari ad elevata complessità.
Ora, avete presente quelle serie crime e quei film polizieschi dove, a fronte di una rapina o di un delitto, il detective incaricato dell’indagine ad un certo punto dice “questo è il lavoro di un professionista?” Lo dice quasi con ammirazione, anche se poi dovrà dare la caccia al colpevole, perché il lavoro è stato efficace, pulito, efficiente, non ha lasciato tracce. Ha fatto quello che doveva fare come andava fatto.
Cosa distingue allora un professionista da uno che non lo è? Beh, intanto parliamo di preparazione e competenza. Un professionista è uno che sa le cose di cui si occcupa, che le sa molto bene, le ha studiate, le ha apprese, quindi c’è una dimensione di conoscenza teorica e sistematica dell’essere professionisti. La dimensione del “sapere”.
Non un sapere da quarta di copertina, “per aver letto qualcosa” o perché “ma l’’ha detto mio cugino”. Un sapere approfondito, che spazi orizzontalmente per creare link tra temi apparentemente diversi, ma in grado di scendere anche verticalmente fino al dettaglio delle questioni.
I modi e i luoghi dove questo sapere può essere sviluppato e accresciuto sono scuole, università, libri, manuali, paper scientifici, centri di formazione, anche corsi online (quelli seri però, attenzione agli improvvisati e ai venditori di olio di serpente...) e…community di professionisti come Progettualitalia.
Tuttavia, sapere non basta.
Un progetto è sempre un’iniziativa concreta, dove bisogna fare cose, coordinare attività per raggiungere obiettivi, perciò oltre a sapere bisogna anche saper fare, saper applicare. Puoi aver studiato il diagramma di Gantt e il metodo del percorso critico su un libro, puoi aver letto degli esempi, ma elaborare una pianificazione dei tempi su un progetto vero, di cui devi rispondere in ambito professionale è tutta un’altra storia.
Se però ne hai viste tante, se sono anni che fai progetti, magari in un certo ambito, allora puoi recuperare informazioni e similitudini che ti aiutano ad applicare quello che sai nel contesto in cui ti trovi. Insomma, la conoscenza è importante ma lo è anche l’esperienza. Ma non crediamo di dirvi nulla di nuovo con questo, in fondo quello che vale per il Project Management vale per qualsiasi altra cosa.
La professionalità si regge perciò su queste due gambe: la conoscenza e l’esperienza.
Poggiare solo su una delle due crea squilibri e prima o poi si cade. La conoscenza da sola è puro esercizio teorico, speculazione, magari interessante ma che non crea particolare valore se non per te se ne sei appassionato. Per questo motivo, alla domanda “può una persona fresca di laurea, magari da una università o una business school prestigiosa, pensare di poter essere impiegato da subito come Project Manager?” La risposta è NO !!! Netto e deciso.
Ha studiato delle cose, con risultati magari brillanti, ma non le ha ancora applicate in un numero sufficiente di casi per consolidare una vera professionalità.
Tuttavia, anche fare il ragionamento opposto porta a dei seri guai. Pensare che basti solo l’esperienza, la pratica fatta magari solo nel proprio ambito senza una conoscenza sistematica di teorie, schemi e modelli.
Molti lo hanno pensato per decenni e questo pensiero ha portato danni enormi alla nostra economia e alle nostre organizzazioni. Si sente dire ancora spesso nei corridoi delle aziende “si vabbè...questa è la teoria...ma il mondo reale è un’altra cosa...” oppure “basta chiacchere inutili, dobbiamo produrre e fatturare...” senza chiedersi se un po’ di conoscenza e preparazione teorica non possano farti fatturare di più e meglio...
Intendiamoci, il Project Management è una disciplina empirica. Non è una scienza esatta. Non esiste un modello matematico che la descriva come per una legge fisica.
Perciò da un lato usi le cosiddette “lesson learned”, le lezioni apprese. Sia quelle derivanti dalla tua esperienza diretta, che quelle derivanti dall’esperienza di altri che trovi sui libri. Riutilizzando le lesson learned guadagni sicuramente efficienza perché non parti ogni volta da zero.
D’altro canto, però, siccome ogni progetto, per quanto simile ai precedenti, sarà sempre un po’ diverso dagli altri, allora devi anche sperimentare, quindi applicare, provare, tentare, per imparare.
Puoi farlo in 2 modi:
Il primo metodo si chiama “induttivo” (come suggeriva Francis Bacon): sperimenti in modalità "trial and error", cioè ti butti a fare qualcosa, sbagli, raccogli dati, correli le misure ed elabori modelli.
Attenzione però a non fare la fine del tacchino induttivista. Quella del tacchino induttivista è una storiella inventata dal filosofo e matematico Bertrand Russell sui rischi di questo approccio.
Un tacchino americano vuole formarsi una visione scientifica del suo mondo. Così, ogni giorno sperimenta e osserva il fatto di venire nutrito al mattino dal suo allevatore. Di giorno feriale e festivo. Col caldo e col freddo, d’estate e d’inverno, col sole e con la pioggia. Siccome il tacchino è induttivista, conclude elaborando la seguente teoria “Domani mi daranno il cibo alle 9 del mattino come ogni giorno”. Peccato che domani è il giorno del ringraziamento e il cibo sarà lui…
Insomma, il “Project Manager induttivista” è quello che si basa solo sull’esperienza, affronta un certo tipo di progetti sempre nello stesso modo, perché su quelli che finora ha sperimentato ha funzionato. Ma se cambiasse settore o scenario?
Noi preferiamo l’altro metodo, quello deduttivo, proposto da chi? Ovviamente da Russell, che aveva usato la storia del tacchino per ridicolizzare l’altro approccio e proporre invece il suo. In realtà in buona compagnia. Quella di Popper che suggerisce anche lui il metodo deduttivo, che non consiste nel partire subito a sperimentare e a raccogliere dati per poi desumere a posteriori schemi e comportamenti, ma prevede di partire da ipotesi che poi metti alla prova con i dati raccolti da esperimenti mirati.
Vediamo con un esempio:
In un progetto non tutto è pianificabile e conoscibile a priori. Dovrai fare per forza delle assunzioni, correre dei rischi, affrontare incertezze. Perciò dovrai ipotizzare un esperimento in questa forma:
Se eseguo l’azione X mi aspetto un risultato Y con un un impatto Z
Tipo, siamo in ritardo con il piano di accumulo di gas per l’inverno e potremmo avere problemi di riscaldamento ed energetici. Proviamo a definire una norma che obblighi ad una diminuzione della temperatura dei sistemi di riscaldamento – diciamo 2 gradi – e dell’orario della loro accensione – diciamo 1 ora in meno al giorno. Il risultato che ci aspettiamo è quello di diminuire il consumo nazionale di gas del 15%, in modo da averne a sufficienza durante l’inverno sia per le famiglie che per le imprese che producono manufatti con processi produttivi intrinsecamente energivori.
L’ipotesi non è campata per aria, potrebbe anche funzionare, è plausibile. Ci basiamo su schemi, modelli e magari anche evidenze precedenti. Su calcoli basati su razionali (fabbisogni, serie storiche di consumi, ecc.)
Allora sviluppiamo la nostra ipotesi con un esperimento controllato. Adottiamo i nuovi criteri di riduzione del numero di ore di attivazione e di temperatura degli ambienti, controllandone l’effettiva l’applicazione, facciamo andare il sistema per 1 mese e abbiamo un esito. Misuriamo questo esito. Dalle misure ricaviamo dei dati, che interpretiamo imparando nuove cose sul nostro fenomeno.
Per esempio, potremmo scoprire che a questo ritmo riusciremo effettivamente a garantire gas ed energia a famiglie e imprese per tutto l’inverno, oppure i dati potrebbero mostrarci che qualcosa non sta funzionando come ci aspettavamo, perché invece di un risparmio previsto del 15% in realtà abbiamo riscontrato una diminuzione dei consumi solo del 10%.
In questo secondo caso dovremmo rivedere la nostra ipotesi sulla base di schemi, modelli e ragionamenti e ricominciare, reindirizzando ipotesi ed esperimento. Magari c’era un problema di obsolescenza del parco di caldaie a gas, per cui l’impostazione sul termostato di una temperatura di 2 gradi inferiore del solito incide meno di quanto i nostri calcoli avessero fatto supporre.
Cosa ti ricorda tutto questo? Ma è il metodo scientifico bellezza !
Nel Project Management, come nella scienza, non puoi derivare leggi generali solo da singoli casi per quanto numerosi. Non puoi pensare che basti dire “ma finora ho fatto così e ha sempre funzionato...”
Devi sfruttare l’abilità del tuo cervello di produrre predicibilità e ordine. Sperimentare a tentoni non ti porta lontano, devi sapere “cosa” sperimentare perché l’osservazione non è mai neutra, ma indirizzata dal modello o dall’ipotesi che vuoi mettere alla prova.
Per cui, anche se il Project Management è una disciplina empirica, non sarai mai un empirista puro, la tua mente sovrappone comunque i propri schemi e classificazioni alla realtà osservata. E questi schemi e classificazioni come si arricchiscono? Studiando, così abbiamo chiuso il cerchio. Come uno scienziato. Studia e sperimenta.
1.3 STRATEGIE E TEMPI PER DIVENTARE UN PROFESSIONISTA DEL PROJECT MANAGEMENT
La nebbia si sta diradando. Per diventare un professionista del Project management ti serve sia conoscenza che esperienza e un approccio di tipo deduttivo, ma supponendo di partire adesso più o meno da zero, come chi è appena uscita dall’università o chi vuole reinventarsi con un nuovo lavoro, quanto ti ci vuole e di cosa hai bisogno?
In realtà, dirti di cosa hai bisogno è molto facile. Una solida preparazione e una esperienza significativa in quantità a qualità, che potrai costruire solo impegnandoti al massimo, studiando e facendo pratica senza scorciatoie !!!.
Tieni presente che ogni volta che vedi slogan che ti promettono formazione, certificazione o crescita delle competenze rapida e senza sforzo - soprattutto nel Project Management - dovresti fuggire a gambe levate.
Sappiamo che non è di moda dire una cosa del genere, ma la termodinamica ci insegna che mentre aumentare l’entropia di un sistema è facile, basta fare affermazioni improvvide senza preoccuparsi di sostenerle coi fatti, diminuire l’entropia - cioè creare ordine e informazione - è lungo e laborioso. Il problema è che oggi abbiamo tutti fretta e pensiamo che basti un corso online da pochi euro con 3-4 ore di videolezioni per diventare un esperto del tema, mentre invece non possiamo accorciare come vogliamo i tempi tecnici per arrivare a padroneggiare qualcosa.
C’è un video molto famoso e anche molto carino, un TedX di Josh Kaufmann, autore di best seller come “The Personal MBA” in cui spiega la sua teoria, cioè che dedicando 20 ore di impegno puoi imparare qualsiasi cosa e padroneggiare qualsiasi abilità (link al video: The first 20 hours -- how to learn anything | Josh Kaufman | TEDxCSU - YouTube).
Nel video, Kaufmann spiega come fare, con un suo metodo, che naturalmente poi riporta nei suoi libri. E alla fine del video tira fuori un ukulele (una specie di piccola chitarra hawaiana) e dice “vi dimostro come applicando il mio metodo ho imparato a suonare l’ukulele in sole 20 ore” e conclude con una dimostrazione in cui suona un pezzo con una certa disinvoltura.
Attenzione però a non cadere nella trappola della “rapid skill acquisition”. In 20 ore partendo da zero puoi fare molti progressi, più di quanti immagini, in parecchie discipline. Per questo, Josh Kauffman dopo 20 ore di apprendimento riesce a suonare benino con l’ukulele una canzoncina popolare, di sicuro non i concerti brandeburghesi di Bach (probabilmente non ne esiste una trascrizione per ukulele…).
Perciò alla domanda se sia possibile diventare un professionista del Project Management con il corso intensivo di 20 ore (ma anche 40 o 60) o la soluzione e-learning a 19 euro e novantanove la risposta è NO !!! Dovendo dare un’indicazione temporale di massima, ovviamente da calare nella realtà e nel contesto di ciascuno, se ti impegni con costanza, diciamo che da neofita potresti diventare un professionista del project management in 3 anni. Naturalmente avrai dei risultati già dopo 20 ore, come Josh Kaufmann, dopo un anno potresti cominciare a gestire in ambito professionale piccoli progetti o parti di essi e così via. L’orizzonte dei 3 anni è quello per avere una ragionevole certezza di diventare abbastanza solidi ed autonomi. E in questi 3 anni cosa dovresti fare? Ti proponiamo un decalogo di consigli di massima. Non devi necessariamente seguirli tutti alla lettera, ma più riesci ad aderire ad essi, più agevole e rapido sarà il tuo percorso.
#1 FAI ESPERIENZA: il più possibile. È pieno di progetti là fuori. Non solo sul lavoro. Progettizza le attività progettizzabili della tua vita (eventi personali, percorsi di studio, iniziative al di fuori del tuo contesto lavorativo e professionale) e applica, applica, applica tutto quello che pensi di sapere. Ogni esperienza ti consente di imparare sia dalle pratiche che utilizzi, sia dagli altri con cui ti relazioni.
#2 STUDIA: ai tempi di internet non ci sono scuse. Hai tutto per farlo. Workshop, webinar, tutorial, articoli. Corsi online, da quelli free a quelli universitari. In ogni occasione cerca di imparare dalle 3 fonti di base: il trainer, i contenuti e i materiali di studio e, soprattutto, gli altri partecipanti.
#3 ASSOCIATI: ci sono molti istituti e associazioni in Italia e nel mondo che promuovono e diffondono il Project Management e a cui avvicinarsi quando si intraprendono percorsi di certificazione. Ne parleremo in sezioni successive della bussola
#4 LEGGI: Articoli, recensioni su libri di settore, ma soprattutto le conversazioni con altri colleghi sui forum di discussione. Lo scambio di conoscenza ed esperienza su temi specifici è l’elemento più prezioso.
#5 IMPEGNATI PER OTTENERE CERTIFICAZIONI O ATTESTAZIONI: Non si tratta del pezzo di carta. Il fatto è che per guadagnare una credenziale o una certificazione di solito devi sostenere e superare un esame e per far questo devi praticare almeno i comandamenti #2, #3 e #4, cioè studiare, associarsi a chi promuove la materia e leggere.
#6 AIUTA E CONDIVIDI: partecipa ai forum di discussione e alle room delle piattaforme a cui hai accesso, o come volontari di gruppi o associazioni (Cfr. comandamento #3). È uno dei modi migliori per sviluppare gradualmente anche doti di leadership, senza le quali guidare un progetto diventa difficile.
#7 IMPARA DAGLI ALTRI: osservali in azione nei progetti. Prendi spunto sia da ciò che fanno bene sia da ciò che secondo te sbagliano. Ricordati che sbagliando si impara, ma imparare dagli errori altrui è meno doloroso.
#8 CHIEDI: Intervista, anche solo davanti ad un caffè o inviando un messaggio, i professioniti, i project manager che secondo te hanno abilità migliori delle tue. Parlaci, fai domande, chiedi suggerimenti e consigli.
#9 VALUTA TE' STESSO CON ONESTÀ: ragiona con frequenza regolare sulle tue lesson learned, professionali e personali. Se non ne hai, hai un problema più grande. Ad intervalli regolari nel corso dei tuoi progetti, chiediti sempre se ciò che hai fatto avresti potuto farlo in modo diverso, anche quando è andata bene. Perché c’è sempre spazio per migliorare.
#10 TROVATI UN MENTORE: qualcuno che possa guidarti e consigliarti quando lavori ad un progetto. Cerca feedback. Chiedigli di osservarti e di dirti con franchezza cosa e dove puoi migliorare.
Come parte della community di Progettualitalia hai a disposizione risorse e supporto per la maggior parte di tutti questi punti. Puoi fare più facilmente esperienza (punto #1) attraverso gli spunti di sperimentazione derivanti dal confronto con gli altri e con i template messi a disposizione dalla piattaforma, che ti guidano all’applicazione concreta delle pratiche. Dal confronto con i colleghi nei forum e nel blog puoi trovare esempi di applicazione a cui non avevi ancora pensato.
Progettualitalia (punto #2) ti mette a disposizione molte risorse per leggere, approfondire e studiare qualsiasi argomento inerente temi manageriali: il glossario dei termini, le pillole video, i corsi di preparazione ad esami di certificazione, i webinar su argomenti specifici, una digital library con articoli e contenuti di ogni tipo, dalla recensione di libri legati a tematiche manageriali a case study di progetti reali.
Per quanto riguarda la partecipazione ad associazioni (punto #3) la community di Progettualitalia non nasce in contrapposizione ma come naturale integrazione delle associazioni professionali ed enti di settore. Noi consigliamo anzi la partecipazione ai lavori e alle attività di istituti e associazioni in ambito. Quello che contraddistingue Progettualitalia sono la neutralità e l’atteggiamento “agnostico” rispetto a percorsi formativi e di certificazione. Non abbiamo la necessità di difendere o promuovere uno specifico modello, framework o metodologia. Siamo convinti che il Project Management sia uno e che l’obiettivo di qualsiasi praticante della disciplina – che per un professionista diventa un obbligo – sia di avere una cassetta degli attrezzi il più possibile fornita di pratiche, tecniche e strumenti.
Per quanto riguarda la lettura e l’aggiornamento (punto #4), Progettualitalia ti mette a disposizione una mole di materiale classificato in base al livello e all’esperienza, di cui puoi fruire con continuità, giorno dopo giorno, dedicando uno spazio anche piccolo ma costante all’interno delle tue giornate. Aggiornamento e crescita professionale non sono attività spot (es. il corso da 2-3 giorni che si fa una volta all’anno) ma continue e regolari. Ciò consente di applicare quello si legge e impara, trarne dei feedback e aggiustare pratiche e comportamenti.
Per quanto riguarda le certificazioni professionali (punto #5), Progettualitalia progetta ed eroga percorsi di formazione, sia in virtual classroom che in modalità self-learning, per la preparazione a specifici esami di certificazione, come il percorso PMP.Tutoring, per la preparazione all’esame di certificazione PMP® del PMI®.
Rispetto all’interazione con gli altri e all’avere persone di riferimento per migliorare (punti #6, #7, #8 e #10), la community di Progettualitalia nasce proprio per favorire ogni forma di confronto e di crescita attraverso le interazioni con gli altri. Potresti trovare un mentore tra i membri della community o fare da mentore ad altri. Puoi imparare dal racconto diretto delle esperienze altrui, hai sempre qualcuno a cui chiedere e che probabilmente ha già affrontato il tuo stesso tipo di problema.
Per quanto riguarda, infine, il tema dell’autovalutazione (punto #9), Progettualitalia ti stimola continuamente proponendoti contenuti ed esperienze di confronto che ti aiutano a riflettere sui tuoi punti di forza e di debolezza.

